Roberto Crippa (Monza, 1921 – Bresso, 1972) è stato uno degli interpreti più originali della ricerca spazialista italiana. La sua opera attraversa, in poco più di vent’anni di attività, una sorprendente evoluzione formale: dal linguaggio cubista delle origini alla sperimentazione segnica e materica che lo rende tra i protagonisti della pittura astratta del secondo dopoguerra.
Dopo gli studi all’Accademia di Brera e le prime esperienze figurative, Crippa aderisce al Movimento Spaziale di Lucio Fontana, condividendone l’idea di un’arte capace di oltrepassare la bidimensionalità del quadro per aprirsi a una dimensione fisica ed energetica dello spazio. In questo contesto nascono le celebri “Spirali”, opere caratterizzate da vortici di linee e colori che si avvolgono su sé stessi, suggerendo un senso di movimento infinito. La spirale diventa per Crippa un segno generatore, una forma dinamica che sintetizza l’idea di energia cosmica e di tensione vitale.
Negli anni Cinquanta, la sua ricerca si arricchisce di componenti materiche: l’artista introduce sabbie, colle, metalli, frammenti e combustioni, in una continua esplorazione del rapporto tra pittura e scultura. La superficie del quadro non è più campo neutro, ma territorio d’azione, dove la materia viene incisa, graffiata e costruita come una forma viva.
Crippa trasforma il gesto pittorico in atto spaziale, anticipando alcune istanze dell’informale gestuale e del tachisme europeo.
La sua opera unisce rigore e libertà, controllo e intuizione. Se la spirale è simbolo di infinito e di ordine, la materia disgregata introduce il caos e la casualità, rendendo l’immagine una metafora dell’energia vitale che si espande e si dissolve. Dopo la sua prematura scomparsa, la critica ha riconosciuto in Crippa una figura ponte tra lo spazialismo e le successive ricerche gestuali, capace di tradurre il movimento in segno e il segno in esperienza dello spazio.